Luciano Campanelli

Unire i tempi, unire cioè la quarta dimensione che per noi geologi rappresenta il metro, l’unità di misura dell’evoluzione della specie e quindi della vita. Un’evoluzione che ha lasciato eccezionali segni visibili sui sedimenti di Pietraroja così chiamata per la presenza di rocce rosse, le bauxiti, che rappresentano un periodo di continentalità, cioè di emersione delle terre quando erano quasi totalmente sommerse dall’antica Tetide che rappresentava lo stato embrionale del mar Mediterraneo. Un’evoluzione che risente del ’’principio del¬l’attualismo”, teoria secondo la quale gli avvenimenti geologici del passato furono causati dagli stessi fenomeni che agiscono nell’era presente. Di questo ne è testimone Pietraroja e l’intero Sannio paleontologico con le sue montagne ed il suo mare visibile nella roccia quando il bambino riconosce su di essa le conchiglie simili a quelle con cui è solito adornare castelli di sabbia sulla battigia.
È con la medesima purezza che Giovenale plasma e scandisce con le sue opere la vita del piccolo dinosauro permeandolo di una dimensione religiosa che invoca l’unione di forze per ridargli culla nella sua terra lungamente depredata.
Unire i luoghi per conferire valore aggiunto ad un patrimonio che nel grande libro della terra racconta la storia di eredità lontane accomunandoci ai fratelli europei. Unire i tempi, unire i luoghi, unire le forze. Questa percezione di contiguità totale nelle opere di Giovenale ci orienta verso nuove ricostruzioni paleoambientali e rappresenta il timone per fruttuose navigazioni in un mare con un futuro a sud.

Luciano Campanelli
(Geologo - Associazione Culturale ”Un Futuro a Sud”)

Marco Signore

Lungo poco meno di 30 centimetri, adagiato sul fianco destro su una lastra di calcare finissimo denominato plattenkalk, il dinosauro di Pietraroja ha finalmente un nome ed una collocazione sistematica. 11 suo nome è Scipionyx Samniticus, ’’Artiglio di Scipione dal Sannio”, in onore di quello Scipione Breislack che 200 anni fa esatti descrisse per primo Pietraroja.
La sua enorme importanza può essere riassunta in questi punti: è il primo dinosauro ritrovato in Italia, è un cucciolo di teropode (dinosauro carnivoro) un ritrovamento rarissimo in paleontologia, è in connessione anatomica perfetta e quasi completo (oltre l’85%), è un nuovo genere e rappresenta una nuova famiglia di dinosauri, è l’unico dinosauro al mondo con parti molli conservate.
Scipionyx Samniticus è una miniera di informazioni per i paleo¬biologi e le sue caratteristiche ossa lo pongono alla base dei tetrapodi più evoluti, vale a dire che Scipionyx (o Skippy, come lo chiamano negli U. S. A.) potrebbe essere un antenato dei Velociraptor o addirittura del Tyrannosaurus. Il suo scheletro rappresenta infatti un ’’mix” di caratteri, tipici di almeno tre gruppi diversi di teropodi evoluti: i veloci Omithominidae, i micidiali Dromaeosauridae, da cui si originano gli uccelli, e gli intelligenti Troodontidae. Il cranio di Scipionyx è corto, con un’enorme orbita, e con i denti perfettamente simmetrici (il che significa che non li aveva ancora cambiati): tutti questi dati ci dicono che Skippy doveva essere molto piccolo quando ha incontrato la morte. La sua età ci viene inoltre confermata dalla mancanza di pleuroceli (aperture laterali) nelle vertebre e dalla non completa ossificazione di alcune vertebre. Le sue zampe anteriori mostrano grandi artigli, ancora ricoperti di uno strato corneo, e forse con il pollice opponibile, ed al centro del petto presenta la furcula, un osso a forma di V allargata, tipico di molti dinosauri avanzati (tra cui gli uccelli). Ma senza dubbio la cosa che colpisce di più è la presenza di organi interni perfettamente visibili. Nella massa muscolare del petto si intravedono alcuni anelli cartilaginei della trachea; più in basso una macchia rossastra è ciò che resta di un grande grumo di sangue (il fegato); mentre l’intestino, spesso e relativamente corto, è visibile in tutti i particolari, incluse le piccolissime pieghe esterne, e lo si può seguire in tutta la sua lunghezza, attraverso il bacino. Infine, i muscoli posteriori, dotati di grandi fibre, che muovevano le zampe e la coda dell’animale.
Ma cosa viene dopo?
Scipionyx è senza dubbio un importante ritrovamento, forse il più
importante nella paleontologia dei vertebrati nell’ultimo secolo. Le informazioni che possiamo ricavare da questo piccolo scheletro sono incredibili.
Ma quello che Scipionyx dovrebbe rappresentare è anche la necessità di curare una disciplina troppo sottovalutata e basata su convinzioni vecchie e superate, che è la paleontologia dei vertebrati. Bisognerebbe finalmente riconoscere l’importanza fondamentale che questa disciplina ricopre nello studio delle scienze naturali, senza ’’fossilizzarsi” su teorie ormai sorpassate, come i dinosauri a sangue freddo o gli pterosauri planatoli, bisogna prendere atto delle nuove scoperte (come la polidattilia nei tetrapodi) e non lasciarsi troppo trasportare da ’’leggende metropolitane”: non è del DNA di dinosauro che abbiamo bisogno anche perchè non esiste ancora un metodo valido ed affidabile per estrarlo, ma occorrono più ricerche su ciò che abbiamo nel territorio, e soprattutto specialisti con tesi aggiornate e seminari tenuti da esperti.

Dr. Marco Signore
(co-autore dell’articolo sullo Scipionyx pubblicato sulla rivista NATURE)

Carmela Barbera

Una delle pagine di Storia Naturale che più affascina il grande pubblico è senza dubbio la paleontologia dei vertebrati se si pensa al mammut o addirittura ai dinosauri.
Malgrado tutto in Italia gli specialisti di dinosauri si contano sulle dita di una mano anche perchè ci sono ancora scarse conoscenze geologiche e biologiche della nostra penisola nell’era Mesozoica che considerano la possibilità di ritrovare dinosauri come ’’fantascienza pura”.
Ed ecco allora che ci siamo rassegnati a studiare altri argomenti ed a vedere i dinosauri in altri musei stranieri.
A molti è forse familiare l’immagine di questi grandi scheletri che guardano con orbite cieche i visitatori che escono dai musei stranieri, visitatori che si chiedono: ”ma perchè non si trovano i dinosauri in Italia?” e che si sentono rispondere ’’perchè l’Italia in quel periodo era sommersa dalle acque”. In realtà la risposta più giusta dovrebbe essere ’’perchè non li abbiamo mai cercati!”.
Già verso la fine degli anni ’80 infatti incominciarono ad essere segnalate piste di dinosauri impresse sui sedimenti che fino a quel momento erano considerati di mare profondo.
Scipionyx samniticus è uscito fuori un pò avventurosamente, strappato dai denti della ruspa da un collezionista veronese quando il giacimento fossilifero di Pietraroja era ancora una discarica di rifiuti solidi. Tra mille vicissitudini è poi approdato alla Sovrintendenza di Milano; è giunto poi a Salerno.
Pietraroja è nota al mondo da duecento anni e cioè quando per la prima volta nel 1798 il geologo Sipione Breislack, a servizio della corte di Ferdinando di Borbone, lo aveva descritto nella sua ’’Topografia fisica della Campania”.
Spesso i Borboni usavano omaggiare i loro colleghi sovrani europei con i souvenir di Pietraroja; gli ’’ittilioti”, meglio conosciuti come ’’pesci fossili”. Da allora Pietraroja è stata oggetto di studio da parte di molti studiosi come O.G. Costa e D’Erasmo tra l’800 ed il ’900 più tardi da Freels e D’Argenio negli anni ’60, ma è stata anche oggetto di un sistematico depauperamento dei reperti fossili. Questa risorsa andrebbe tutelata e valorizzata con un’adeguata programmazione di scavi che potrebbero portare alla luce altre interessanti scoperte.

Prof. Carmela Barbera
(Cattedra di Paleontologia dei Vertebrati delFUniversità Federico II di Napoli)

Rito Martignetti

ECCO, GIOVENALE!
Alla domanda ’’Come fa un’oca ad uscire dalla bottiglia senza romperla?” la filosofia Zen risponde: ’’Ecco, è uscita!”.
Come liberare Scipionyx samniticus dall’invalicabile sede di una Soprintendenza, per riportarlo nella sua terra d’origine? Il gruppo ISIDEA ha così risolto: ’’Ecco, Giovenale!”.
Il cucciolo dinosauro, che il mondo ci invidia, è tornato nel Sannio ’bello e impossibile”, grazie ai lavori di un Artista che ha lasciato tutti entusiasti: l’esigentissimo Vittorio Sgarbi ed il composito pubblico accorso in visita alla mostra ospitata dalla Provincia, nel settembre 1998, presso il Palazzo del Governo.
Quando ho proposto a Giovenale di preparare opere su ’’Ciro”, l’ho trovato subito pronto ad accettare l’ennesima ’’sfida”, dopo i felici risultati ottenuti con le megascenografie su temi isiaci, l’exultet moderno dedicato a Paolo Diacono, la composizione in ricordo di Isabella Morra, le pitture e sculture sugli Angeli...
Poliedrico Giovenale, sempre nuovo e così fedele al suo stile inconfondibile!
”Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì”.
Aspettando con ansia di vedere i risultati del suo frenetico lavoro creativo, immagino Giovenale identificato col personaggio sottinteso del citato ’’racconto in una frase” dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso, molto amato da Italo Calvino.
Ed arriva, finalmente, il giorno della verità.
Scipionyx emerge per incanto in molteplici pose e scenari: al fianco di uomini e figure spirituali, in una mirabile confusione di luoghi e di tempi.
”Il fossile... funziona come una forma lontana e approssimativa dell’identità”. (M. Foucault, Le mots et les choses).
Un azzardo scioccante. Geniale.
Mi ritornano in mente questi versi:
’’Spazia ampiamente la vita del saggio
che non si sente chiuso, come gli altri,
entro limiti angusti e, sottratto alle leggi comuni,
ha tutti i secoli al suo servizio,
come fosse un dio:
abbraccia col ricordo il passato
utilizza il presente,
pregusta il tempo che deve ancora venire.
A lui rende lunga la vita questa possibilità
di unire tutti i tempi insieme...” (Seneca, De Brevitate Vitae).
Oltre cento milioni di anni fa, il Secolo Breve, il Duemila.
”La marcia dei millenni” (I. Asimov)

Rito Martignetti

Arcangelo Izzo

GIOVENALE: LA PITTURA DELL’ANNUNCIO
È stato ritrovato a Pietraroja di Benevento Scipionyx samniticus, il cucciolo di dinosauro, chiamato ’’Ciro” che apparentemente sembra un nomignolo affettuoso, ma che etimologicamente significa, ”il forte, il potente”.
’’Ciro” ha centotredici milioni di anni ed è il primo dinosauro ritrovato in territorio italiano.
Il ritrovamento sarebbe rimasto un meraviglioso fenomeno, legato al mondo dell’archeologia e alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, se non fosse intervenuta la creatività di un artista che ha fatto rivivere, oggi, il piccolo mostro millenario, attraverso i materiali più poveri e duttili, più malleabili e nobili, attraverso tecniche molteplici, arcaiche e moderne.
Si tratta di Giovenale, artista beneventano, molto discreto e riservato, ma già presente in mostre di sottile rilevanza poetica, all’estero e in Italia. Per ’’Ciro” tuttavia c’è stata una vera esplosione.
C’è stata una grande rincorsa della critica a cercare le dinastie degli artisti cui apparentare Giovenale, si sono inventate e scoperte
analogie stilistiche e formali. Si sono individuati riferimenti surrea¬listici, metafisici e anche transavanguardistici.
Per noi, quella di Giovenale, resta essenzialmente la pittura dell’annuncio: che riesce a salvare la memoria della storia e la forma delle forme simboliche dalla deriva della società dello spettacolo e del consumo, e dall’indifferenza che rende intrattenimento salottiero persino il teatro.
Nelle sue opere, infattij'Giovenale annuncia sempre una nascita a cominciare dalla ’’luce” che esce dalla porta del cielo e inaugura il giorno, miracolo sempre diverso, sempre differente, di fronte al quale gli antichi si inchinavano come davanti alla divinità; quella luce illumina il paesaggio geografico in cui con lo stesso misticismo si muovono i personaggi e le cose del mondo di Giovenale, cui il colore dà vita come un soffio divino: sono ’’figure” delle maternità, della pietà familiare, donne solitarie e pensose, fantolini a stento riconoscibili, appena nati o bambini che si muovono come angeli custodi, aerei, leggeri, sempre inquadrati in un’atmosfera, in un clima e in un cielo che sembrano l’ispessimento dei colori dell’alba, del mezzogiorno, del tramonto e della notte; intorno zane, oggetti, strumenti
musicali, figure della geometria piana e solida, intuitiva e spirituale (l’esprit de geometrie e l’eprit de finesse), i fiori delicati come le campanule, i fili d’erba alitati da uno spirito sottile, scandiscono il succedersi delle scene secondo la ’’grammatica” dei cantastorie, dei giullari e della ’’lauda” francescana.
Dalla somiglianza del dissimile e dalla differenza della ripetizione scaturiscono, a livello linguistico ”La delicatezza di Immagini ”, ”Il trionfo del significato” e una ’’Sintonia infranta”, a livello drammatico ’’Nell’ora della ricostruzione” e ’’L’ANNUNCIO, in un silenzio sconcertante”; a livello poetico l’ipotesi di ’’Unire i tempi”, dal futuro alla preistoria attraverso i valori della Storia e le forme simboliche dell’arte.
Solo così il lavoro sul cucciolo di dinosauro diventa la fiaba di ’’Ciro” non più intesa come racconto letterario, ma come ’’azione” che si svolge tra la profezia e il destino, secondo il dettato di una ’’pittura generativa” e secondo la lingua latina.

Arcangelo Izzo