Patrizia Mmandofia

LETTERA A GIOVENALE
Penetro i ’’paesaggi dell’anima” inoltrandomi in un viaggio nato molto prima del risveglio. Il viaggio si protrae all'infinito, all’inseguimento della luce che rincorre la luce, oltre la tela che meticolosamente plasmi, oltre lo spazio che la tela cautamente confina, oltre la clessidra del tempo che già non ne scandisce misura.
È il mondo nel mondo, liberato nella morte come inequivocabile gesto di supremo amore.
Dal buio attraverso lo spessore del tratto non condizionato, la purezza si riappropria del suo battito, affiorando impercettibile, distante lontano dalle convenzioni, eppure così reale.
È la realtà di una felicità remota, avvolta nelle nebbie dell’inconscio che nitida e decisa sorprende avvalendosi dei colori che la natura detta.
Nitide ed eteree sono le nostre ombre che, umili ed orgogliose, calpestano la terra che da sempre e dal profondo coltivi.
Coesistono intelletto e natura, simbolismi danzanti giochi di equilibrio monocorde che confluiscono in un unico coro, verso ’’l’incontro”; mentre l’emozione è orchestra dal colore: determinato, carico, intenso.
L’elogio al sentimento puro traspare prepotente, bussando alla nostra memoria spirituale, la melodia sensoriale ed accesa nata nel presente del sempre.

Patrizia Mmandofia

Achille Pace

Mi viene sempre di considerare, come credo debba essere, l’immagine dell’arte come sintesi del pensiero profondo del nostro tempo, una Icona dei nostri affanni, dei nostri dubbi, delle nostre insoddisfazioni, della nostra incompleta esistenza, insomma del nostro vivere.
I quadri di Giovenale, al primo sguardo, mi hanno fatto pensare a tutto questo, e sarebbe troppo ottimistico ritenere le sue opere immuni dalla inquietudine esistenziale. Scorrendo i suoi lavori precedenti in contrasto con quelli attuali si notano chiaramente nel colore scuro, espressionistico, simboli inquietanti, visioni notturne.
Giovenale non affonda nei labirinti dell'inconscio, non sono incubi. La sua natura di artista si è sempre tenuta al preconscio, ha potuto presto affiorare ed operare con decisione a livello conscio; chiarezza e semplicità, geometria e luminosità di colori.
Se ha dovuto abbandonare un’avventura piena di dubbi ed imprevisti, ha tuttavia acquisito maggiore certezza e tranquillità. L’emergere nella regione della certezza è avvenuto tramite un grande sentimento di fede, una fede cristiana che ha pervaso tutto il suo essere, la sua esistenza e il suo operare, pertanto le sue immagini hanno significati simbolici, sovente liturgici. Non è stata una rivelazione sulla strada di Damasco; Giovenale ha avuto sempre un’anima religiosa, solo che ora questa religiosità sente di doverla esprimere perentoriamente attraverso la sua pittura. Ora la sua icona è meno travagliata, una poetica fiaba, non chimerica, ma possibile per chi ha fede.
Giovenale non è un debole, ha internamente una saldezza e sicurezza eccezionale. La dominante nei suoi quadri è la verticale, la ponderalità. L’angolo acuto ha ceduto alla linea curva, i colori si rapportano con i primari e complementari. Sono scomparsi i toni scuri, le forme sono essenziali, non suscitano distacco critico, ma meraviglia e adesione per la freschezza e purezza di sentimenti.
Una sincerità disarmante che per il nostro tempo di cinismo sociale e di poca fede è un esempio di equilibrio e di umano sentimento religioso e d’Arte.
Mi viene sempre di considerare, come credo debba essere, l’immagine dell’arte come sintesi del pensiero profondo del nostro tempo, una Icona dei nostri affanni, dei nostri dubbi, delle nostre insoddisfazioni, della nostra incompleta esistenza, insomma del nostro vivere.
I quadri di Giovenale, al primo sguardo, mi hanno fatto pensare a tutto questo, e sarebbe troppo ottimistico ritenere le sue opere immuni dalla inquietudine esistenziale. Scorrendo i suoi lavori precedenti in contrasto con quelli attuali si notano chiaramente nel colore scuro, espressionistico, simboli inquietanti, visioni notturne.
Giovenale non affonda nei labirinti dell'inconscio, non sono incubi. La sua natura di artista si è sempre tenuta al preconscio, ha potuto presto affiorare ed operare con decisione a livello conscio; chiarezza e semplicità, geometria e luminosità di colori.
Se ha dovuto abbandonare un’avventura piena di dubbi ed imprevisti, ha tuttavia acquisito maggiore certezza e tranquillità. L’emergere nella regione della certezza è avvenuto tramite un grande sentimento di fede, una fede cristiana che ha pervaso tutto il suo essere, la sua esistenza e il suo operare, pertanto le sue immagini hanno significati simbolici, sovente liturgici. Non è stata una rivelazione sulla strada di Damasco; Giovenale ha avuto sempre un’anima religiosa, solo che ora questa religiosità sente di doverla esprimere perentoriamente attraverso la sua pittura. Ora la sua icona è meno travagliata, una poetica fiaba, non chimerica, ma possibile per chi ha fede.
Giovenale non è un debole, ha internamente una saldezza e sicurezza eccezionale. La dominante nei suoi quadri è la verticale, la ponderalità. L’angolo acuto ha ceduto alla linea curva, i colori si rapportano con i primari e complementari. Sono scomparsi i toni scuri, le forme sono essenziali, non suscitano distacco critico, ma meraviglia e adesione per la freschezza e purezza di sentimenti.
Una sincerità disarmante che per il nostro tempo di cinismo sociale e di poca fede è un esempio di equilibrio e di umano sentimento religioso e d’Arte.
Achille Pace

Dario Esposito

Il nuovo millennio è il Tempo Nuovo a cui andiamo incontro con speranza, attesa, timore ma anche con grande impegno.
Forse non è solo - caso - che proprio con il passaggio da un secolo all’altro ci siano nella nostra società dei mutamenti così radicali e tuttavia necessarii, che caricano questo evento di molteplici tensioni ed aspettative.
La cultura è l’anima di un popolo, e segna con i propri arricchimenti e le proprie varianti lo scandire del tempo.
Roma si trova, con la sua particolare e ricchissima identità storica, ad entrare nel nuovo millennio in una condizione ad un tempo privilegiata e difficilissima.
La sfida consiste nel far coincidere la ricchezza d’arte e cultura del passato con gli aneliti tutti ancora da definire, ancora in embrione, di ciò che potrà essere la cultura nel futuro, coniugata con la modernità e la tecnologia e le esigenze di un mondo sempre in formazione.
Il fascino in fondo è tutto qui, nell’immaginarsi come vivrà l’uomo nuovo, con quali segni, con quali forme e con quale poesia farà nascere la nuova¬vecchia arte.
La ricerca di tutto ciò è stato ed è uno dei compiti del Comune di Roma, attraverso il rilancio di attività culturali in una visione nuova e più adatta alle esigenze dell’uomo moderno, con la promozione di varie iniziative ed il sostegno di centri, di associazioni piccole o grandi che siano.
In questo discorso s’inserisce felicemente il vasto programma d’arte e di cultura dal titolo ”11 Tempo Nuovo” che ci accompagnerà fino al Giubileo e che s’inaugura con l’esposizione - ... nè il momento nè l’ora - di Giovenale, di cui le opere in questo catalogo.
Da parte nostra, che lavoriamo per Roma e crediamo nella cultura, va l’augurio all’artista, che con la sua fede e la sua arte rispecchia efficacemente il connubio delle due anime della città di Roma: quella spirituale e quella storico-artistica.
Presidente della commissione cultura del Comune di Roma

Dario Esposito